Flavio Paolucci

1934

Le prime opere di Flavio Paolucci sono entrate a far parte della raccolta del Museo all’inizio degli anni ’90 con l’acquisto di due collage, seguiti da una donazione di due serigrafie nel 1994 e dal deposito di quattro oli su tela nel 1996. Nel 2008, il Museo acquisisce due litografie di paesaggi e, nel 2018, l’artista contribuisce ad arricchirne la collezione con una donazione di undici opere, per lo più lavori su carta, ma anche alcune sculture e realizzazioni in cui si combinano collage, elementi in legno, carta e colori. Nel 2020, l’acquisto della scultura in bronzo Sentieri di montagna (2013) installata nel parco, marca la volontà del Museo di rendere omaggio alla carriera dell’artista ticinese, dando allo stesso tempo visibilità permanente al Fondo Paolucci custodito presso il Museo Villa dei Cedri.

Dalla metà degli anni ’70, l’arte di Flavio Paolucci si ispira prettamente alla natura: utilizzano i materiali più semplici e primordiali – quali rami, foglie, sassi, fuliggine (estratta da vecchi camini) e una particolare carta fabbricata a mano in Nepal – l’artista ticinese dialoga con il proprio ambiente, creando opere dal linguaggio essenziale. Le sue composizioni, caratterizzate da un equilibro precario e cariche di un poetico silenzio, evocano la metafora della fragilità della vita, in un confronto costante tra natura – spesso simboleggiata dall’albero – e civilizzazione – rappresentata dalla casa. L’opera di Paolucci si integra quindi perfettamente nella collezione del Museo Villa dei Cedri, il cui obbiettivo è quello di stabilire un dialogo artistico-culturale tra la Villa e il suo parco sia nella programmazione artistica che nella sua politica di acquisizioni, scegliendo temi e artisti in grado di valorizzare il patrimonio naturale.

 


 

Biografia

Flavio Paolucci (*Torre, 1934) apprende i primi rudimenti di pittura alla Scuola Cantonale di Lugano (1949–1953) e presso l’atelier di Oscar Bölt a Locarno (1955), per poi iscriversi all’Accademia di Brera a Milano (1955–1957). Aldo Carpi, suo insegnante, lo avvicina a Mario Sironi e Achille Funi, rappresentanti del movimento Novecento, il cui scopo era di promuovere un ritorno all’ordine dell’arte, dopo le sperimentazioni avanguardistiche di inizio secolo. Nel 1958, la Galleria il Portico a Locarno gli consacra la sua prima mostra personale e l’artista vince il suo primo premio alla Biennale dei Giovani di Gorizia, in Italia. I viaggi di studio degli anni ’60 lo portano a Parigi dove, nel 1961, vince il secondo premio all’Esposizione Internazionale dell’Unesco e in Marocco, dove soggiorna per un anno nel 1964, e poi nuovamente nel 1967. La vastità dell’orizzonte e i colori del deserto del Sahara impregnano le sue opere dell’epoca di un’impronta astratta. Dal 1968, Paolucci si trasferisce definitivamente a Biasca, continuando a mantenere degli stretti legami con la scena artistica svizzera. Il Kunstmuseum di Olten gli consacra la sua prima mostra personale in un museo nel 1984, pubblicando anche la sua prima monografia. Nel 1987, anche il Centre Culturel Suisse di Parigi gli dedica una mostra e, un anno più tardi, l’artista ticinese rappresenta la Svizzera alla Biennale di Tokyo. Dal 1996, per cinque anni, è membro della Commissione federale di belle arti. La carriera di Paolucci è marcata da quattro importanti retrospettive organizzate a Lugano (1988 e 2014), Locarno (1993) e Milano (1995), da numerose mostre personali allestite sia in Ticino che in Svizzera e dalla sua partecipazione a rassegne collettive all’estero, come a Parigi, Berlino, Como, Milano, Genova, Lecco, Innsbruck, Rio de Janeiro e Buenos Aires.

 

Per approfondimenti si veda il sito www.sikart.ch

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